IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Visto l'articolo 45, comma 1, della Costituzione;
Visto il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14
dicembre 1947, n. 1577;
Visto il decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale
18 luglio 1975, pubblicato per estratto nella Gazzetta
Ufficiale
della Repubblica italiana n. 211 dell'8 agosto 1975, con il quale
l'Unione nazionale cooperative italiane (U.N.C.I.) e' stata
riconosciuta quale associazione nazionale di rappresentanza
assistenza e tutela del movimento cooperativo, ai sensi e per gli
effetti degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo
provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, e ne e' stato altresi'
approvato il relativo statuto;
Visti gli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio 1999,
n. 300 recante la riforma dell'organizzazione del Governo, a norma
dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, con i quali si
attribuiscono al Ministero delle attivita' produttive le funzioni ed
i compiti gia' di competenza del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale in materia di cooperazione;
Visto il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito con
modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, ed in particolare
l'articolo 1, comma 12, il quale dispone che la denominazione
«Ministero dello sviluppo economico» sostituisce, ad ogni effetto e
ovunque presente, la denominazione «Ministero delle attivita'
produttive» in relazione alle funzioni gia' conferite a tale
Dicastero;
Visto l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10
febbraio 2000, n. 361, recante norme per la semplificazione dei
procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di
approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto;
Visto l'articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 ed
in particolare il comma 7, in forza del quale il Ministro delle
attivita' produttive puo' revocare il riconoscimento alle
Associazioni nazionali che non sono in grado di assolvere
efficacemente le proprie funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi
associati;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 2008,
n. 197, recante il regolamento di organizzazione del Ministero dello
sviluppo economico;
Vista la relazione del Direttore Generale per le piccole medie
imprese e gli enti cooperativi, allegata alla nota prot. n. 121080 in
data 17 luglio 2013, con la quale sono state segnalate perduranti
problematiche ed inefficienze nell'attivita' di vigilanza
dell'U.N.C.I. nei confronti delle cooperative associate, stante il
persistere di una conflittualita' interna circa il soggetto titolato
all'effettiva rappresentanza dell'associazione, manifestata dalla
nomina di rappresentanti legali eletti in adunanze separate, indette
di volta in volta da organi oggetto di contestazione, con
deliberazioni impugnate in sede giurisdizionale che hanno determinato
pronunce difformi e non definitive, rese in sede cautelare;
Vista la relazione dei Sindaci dell'U.N.C.I. i quali nel mese di
dicembre 2010 avevano segnalato un perdurante stato di immobilita'
dell'attivita' amministrativa dell'Associazione di rappresentanza, a
seguito del conflitto insorto in seno ai relativi organi statutari,
il quale non consentiva un andamento ordinato della gestione
amministrativa e associativa, con conseguente mancata approvazione
del bilancio consuntivo 2009 e del bilancio preventivo 2010 nonche'
delle quote associative per l'anno 2010, atti indispensabili per il
corretto svolgimento della vita associativa;
Viste le risultanze dell'attivita' di vigilanza svolta dal
Ministero nei confronti dell'Associazione nell'anno 2011, che ha
confermato irregolarita' gestionali consistenti nella mancata
approvazione di bilanci, nelle intervenute modifiche statutarie in
contrasto con le indicazioni ministeriali, nelle ricorrenti carenze
nella redazione dei verbali di revisione da parte dei revisori
incaricati dall'U.N.C.I.;
Viste le diffide rivolte all'U.N.C.I. a disporre specifici
correttivi nell'organizzazione dell'attivita' revisionale, da
attuarsi mediante programmazione e realizzazione di attivita'
formativa e di aggiornamento dei revisori, in esito alle quali sono
pervenute risposte contrastanti dai diversi soggetti che
rivendicavano, contemporaneamente ed in conflitto tra di loro, la
titolarita' della qualita' di legale rappresentante
dell'Associazione;
Preso atto della corrispondenza intercorsa con la Prefettura di
Roma - Ufficio territoriale del Governo, la quale attesta il
perpetuarsi della situazione di forte conflitto, dovuto alle
contrapposte richieste di iscrizione, quale rappresentante legale,
nel registro prefettizio delle persone giuridiche, da parte di
soggetti diversi, legittimati a seguito di successive pronunce, non
definitive e non univoche, rese dal Tribunale Civile di Roma. In
particolare, nel solo ultimo anno risulta che sulla base di
successive assemblee congressuali e di distinti provvedimenti
giudiziali la Prefettura di Roma ha proceduto ad iscrivere quale
presidente legale rappresentante prima il Cav. Pasquale Amico, poi il
Sig. Cosimo Mignogna, successivamente il Cav. Pasquale Amico e, da
ultimo, in data 29 settembre 2013, il Sig. Cosimo Mignogna;
Vista la nota del Sindacato FE.S.I.C.A., pervenuta in data 13
settembre 2012, con la quale si segnala al Ministero l'assenza di
certezze circa l'effettiva titolarita' della rappresentanza legale
dell'U.N.C.I., ribadita con successiva nota dello stesso Sindacato
del 15 marzo 2013, con la quale si rinnova la richiesta di
chiarimenti sul soggetto titolato a rappresentare l'Associazione in
giudizio, nel procedimento di opposizione al licenziamento di
dipendenti in servizio presso la sede nazionale di U.N.C.I.;
Tenuto conto delle segnalazioni e richieste di chiarimenti rivolte
al Ministero, provenienti da enti di natura pubblica e privata presso
i quali l'U.N.C.I. ha designato propri rappresentanti, circa
l'effettivita' della carica di rappresentante legale
dell'Associazione medesima, stanti le contrastanti affermazioni
provenienti da soggetti che assumono di essere titolati;
Preso atto delle numerose pronunce rese dal Tribunale di Roma,
dalle quali emerge un insanabile conflitto e la non univoca
individuazione del rappresentante legale dell'U.N.C.I. ed in
particolare:
- ordinanza 27 aprile 2012, la quale rinvia alla inevitabile
convocazione dell'assemblea degli associati l'adozione delle
decisioni necessarie per risolvere le problematiche verificatesi e
ripristinare un regolare sistema amministrativo;
- ordinanza collegiale 19 giugno 2012 la quale riconosce la
validita' della costituzione in giudizio dell'UNCI nella persona del
rappresentante legale p.t. Pasquale Amico;
- ordinanza 27 luglio 2012, giudice dott.ssa Buonocore, con la
quale e' stato ingiunto al prof. Paolo Galligioni di "immettere Amico
Pasquale, quale neo nominato presidente dell'U.N.C.I. nella
disponibilita' della documentazione e dei beni di pertinenza della
predetta associazione e di consentire allo stesso il libero accesso
alla sede dell'Ente, per l'espletamento delle funzioni di pertinenza;
astenersi dal compimento di atti ed attivita' riservate, per legge o
per statuto, al Presidente dell'U.N.C.I. o ad altro diverso organo
dell'Associazione; astenersi dalla spendita della qualita' di
presidente dell'U.N.C.I. nei rapporti con gli associati ed i terzi";
- ordinanza 16 novembre 2012, giudice dott. Scerrato, con la quale
e' stata rigettata l'istanza di sospensione della delibera
congressuale del 24 marzo 2012 che ha eletto il Cav. Amico a
Presidente dell'U.N.C.I., confermata con successiva ordinanza
collegiale del 6 febbraio 2013;
- ordinanza del 10 gennaio 2013, giudice dott.ssa Dell'Orfano, che
ha dichiarato la piena regolarita' di tutti gli atti prodromici al
congresso del 24 marzo 2012, riguardante l'elezione del Cav. Pasquale
Amico quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.;
- sentenza n. 16217 dell'11 giugno 2013, depositata in data 22
luglio 2013, con la quale il Tribunale di Roma - III Sezione Civile,
ha accertato che lo statuto dell'U.N.C.I. da applicare e' quello del
2000, dichiarando altresi' nulla la deliberazione del Consiglio
Generale U.N.C.I. del 23 giugno 2010 con cui venne fissata la
convocazione del Congresso nazionale straordinario dell'Associazione
ed approvato il relativo regolamento congressuale. Sulla base di
detto provvedimento giudiziale e del congresso straordinario del 15
luglio 2013, la Prefettura di Roma ha provveduto ad iscrivere nel
registro delle persone giuridiche il signor Mignogna Cosimo quale
presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.;
- ordinanza del Tribunale Civile di Roma, Sezione III, giudice
dott.ssa Libri, del 29 luglio 2013 con la quale e' stata in via
preliminare rilevata l'infondatezza della eccezione di difetto di
legittimazione passiva dell'U.N.C.I., rappresentata dal Cav. Amico,
sul presupposto della spettanza a costui della carica di presidente
dell'U.N.C.I., a seguito dell'elezione del 24 marzo 2012;
Vista la comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca di cui
alla nota prot. n. 145274 in data 6 settembre 2013;
Valutate le argomentazioni formulate mediante deposito di
documentazione prodotta nel corso della accordata audizione delle
parti controinteressate svoltasi in data 18 settembre 2013;
Vista la successiva nota prot. n. 161545 in data 3 ottobre 2013 con
la quale l'Amministrazione ha comunicato la sospensione per trenta
giorni, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della legge 7 agosto 1990,
n. 241 del termine finale del procedimento di revoca;
Preso atto altresi' che, successivamente alla comunicazione del 3
ottobre 2013, inerente la sospensione del termine finale del
procedimento di revoca, in data 18 ottobre 2013 veniva richiesto
all'U.N.C.I. un aggiornamento di notizie circa l'attivita' di
vigilanza svolta;
Preso atto che nel corso del procedimento di verifica dei
presupposti per la revoca, il Cav. Amico ha ribadito l'avvenuta
assegnazione di 3.403 incarichi di revisione cooperativa nell'anno
2013, con la conclusione di solo 296 di essi, ed il Sig. Mignogna ha
dichiarato di aver autonomamente disposto l'effettuazione di circa
1.500 revisioni cooperative dietro segnalazione degli uffici
regionali dell'Associazione, restando dunque acclarata l'incertezza
sulla individuazione della carica di presidente e di soggetto
legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione;
Ritenuto che la predetta incertezza sulla individuazione della
carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli
incarichi di revisione incide sul corretto svolgimento dell'attivita'
revisionale con possibili ripercussioni sugli esiti della stessa;
Valutate le dichiarazioni e le osservazioni che le due parti hanno
reso negli incontri tenuti presso la Direzione generale per le
piccole e medie imprese e gli enti cooperativi, attraverso le quali
e' stata ribadita da un lato l'impossibilita' di una soluzione
stragiudiziale del perdurante conflitto, dall'altra la riproposizione
dello sdoppiamento delle strutture sociali ed amministrative, fatti
questi che rappresentano un evidente ostacolo alla corretta e serena
gestione del rapporto associativo e revisionale con le cooperative
aderenti;
Considerato che tale perdurante incertezza nella titolarita' della
"governance" associativa ostacola l'efficace svolgimento della
attivita' revisionale nei confronti degli enti cooperativi associati
e le relazioni con i soggetti istituzionali che hanno rapporti con
l'U.N.C.I.;
Preso atto che a causa della conflittualita' interna sono state
fissate due distinte sedi sociali, ubicate in luoghi diversi, con
conseguente indeterminatezza ai fini delle comunicazioni, notifiche e
rapporti istituzionali;
Considerato che la revoca del riconoscimento costituisce l'unico
provvedimento previsto dalla legge come adottabile da parte della
Amministrazione, in presenza di presupposti incidenti sullo
svolgimento corretto ed efficiente della attivita' revisionale nei
confronti delle societa' cooperative aderenti;
Ritenuto che sussistono i presupposti di fatto e di diritto per
l'adozione, ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto
legislativo 2 agosto 2002 n. 220, del provvedimento di revoca del
riconoscimento dell'associazione U.N.C.I., atteso che la medesima
Associazione non risulta essere piu' in grado di assolvere
efficacemente alle funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi
associati, ad essa demandate;
Considerato che il suddetto riconoscimento e' intervenuto con
decreto ministeriale 18 luglio 1975, adottato ai sensi e per gli
effetti degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo
provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, rilevando dunque
sia ai fini della legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di
vigilanza sia ai fini dell'acquisto della personalita' giuridica;
Considerate le sopravvenute modifiche normative (articolo 1 del
decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361,
recante norme per la semplificazione dei procedimenti di
riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle
modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto e articolo 3 del
decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220) le quali circoscrivono il
riconoscimento da parte di questo Ministero alla sola legittimazione
allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza;
Considerato che il presente provvedimento di revoca incide su di un
riconoscimento, avvenuto in epoca antecedente alle suddette modifiche
normative, che ha rivestito la duplice inscindibile valenza di
legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza e di
acquisto della personalita' giuridica, e dunque deve valere per ogni
effetto conseguente allo stesso riconoscimento;
Visto l'articolo 11, comma 1, della legge 31 gennaio 1992, n. 59,
il quale prevede che le associazioni nazionali di rappresentanza,
assistenza e tutela del movimento cooperativo, riconosciute ai sensi
dell'articolo 5 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio
dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni, e
quelle riconosciute in base a leggi emanate da regioni a statuto
speciale possono costituire fondi mutualistici per la promozione e lo
sviluppo della cooperazione, i quali possono essere gestiti senza
scopo di lucro da societa' per azioni o da associazioni e sono
alimentati ed incrementati ai sensi dei commi 4 e 5 del medesimo
articolo 11;
Considerato che l'U.N.C.I. ha costituito un fondo mutualistico
gestito da Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione -
Promocoop S.p.A.;
Ritenuto di dover disporre circa gli aspetti conseguenziali alla
revoca del riconoscimento dell'U.N.C.I.;
Decreta
Art. 1
1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 2
agosto 2002, n. 220, e' revocato ad ogni effetto il riconoscimento
dell'Unione nazionale cooperative italiane (U.N.C.I.), quale
associazione nazionale di rappresentanza e tutela del movimento
cooperativo, di cui al decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale 18 luglio 1975, adottato ai sensi degli articoli 4
e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14
dicembre 1947, n. 1577.
Art. 2
1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto, l'U.N.C.I.
non e' piu' legittimato a ricevere alcun versamento di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello
Stato n. 1577 del 1947, a titolo di contributo per l'attivita'
revisionale da parte delle cooperative e degli enti mutualistici,
quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n.
220 del 2002.
2. A far data dalla suddetta pubblicazione, all'associazione
U.N.C.I. e' fatto divieto di accettare versamenti relativi alle
fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita' configurabili
alla stregua della normativa vigente.
3. Con successivo provvedimento saranno stabiliti criteri e
modalita' per la definizione dei rapporti pendenti e per la
individuazione delle risorse residue, acquisite per le attivita'
revisionali, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo XVIII,
Capitolo 3592.
Art. 3
1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto, cessa la
legittimazione della societa' Fondo per la promozione e lo sviluppo
della cooperazione - Promocoop S.p.A., che gestisce il fondo
mutualistico costituito dall'U.N.C.I. ai sensi dell'articolo 11 della
legge 31 gennaio 1992, n. 59, ad accettare versamenti e devoluzioni
di cui al medesimo articolo 11, commi 4 e 5, rivenienti dalle
societa' cooperative e dagli enti mutualistici quali individuati ai
sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002.
2. A far data dalla suddetta pubblicazione, alla societa' Fondo per
la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A. e'
fatto divieto di accettare versamenti e devoluzioni relativi alle
fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita' configurabili
alla stregua della normativa vigente.
3. Con successivo provvedimento saranno stabiliti criteri e
modalita' per la definizione dei rapporti pendenti e per la
individuazione delle risorse residue, acquisite per le finalita' di
cui al citato articolo 11, da versare al Bilancio entrata dello
Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592.
Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
Avverso il presente provvedimento e' ammesso, entro 60 giorni,
ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio ovvero, entro 120 giorni, ricorso straordinario al
Presidente della Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica n. 1199 del 1971.
Roma, 22 novembre 2013
Il Ministro: Zanonato
martedì 3 dicembre 2013
COOPERATIVE: IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETA LA FINE DELL'UNCI E DEL FONDO MUTUALISTICO PROMOCOOP
pubblicato sulla gazzetta ufficiale n.275 del 23 nov.2013
giovedì 12 settembre 2013
ILVA: ORA BASTA. ESPROPRIARE L'AZIENDA E I RIVA. LO STATO SI ASSUMA LE SUE RESPONSABILITA'. LETTA DIA DIMOSTRAZIONE DI SERVIRE A QUALCOSA.
“””””””””Economia
12/09/2013
Caos Ilva, l’annuncio del gruppo Riva
“1500
esuberi dopo i sequestri del Gip”
LAPRESSE
Il commissario dell’Ilva Enrico
Bondi
Sospese tutte le attività in tutti
gli stabilimenti italiani del gruppo
Ira dei sindacati: «Inaccettabile,
ennesima beffa per i lavoratori»
taranto
gli stabilimenti italiani del gruppo
Ira dei sindacati: «Inaccettabile,
ennesima beffa per i lavoratori»
Il gruppo Riva ha annunciato che da domani metterà in libertà circa 1.500 addetti che operano nelle 13 società riconducibili alla famiglia e oggetto del sequestro di beni e conti correnti per 916 milioni di euro operato dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta tarantina per disastro ambientale. Lo rende noto la Uilm nazionale.
La messa in libertà riguarderebbe vari siti produttivi che il gruppo Riva possiede in tutta Italia. Nel capoluogo ionico l’unica società interessata sarebbe “Taranto Energia”, che conta 114 dipendenti. L’azienda ha già convocato per domani i sindacati di categoria, pare prospettando problemi per il pagamento degli stipendi.
Riva Acciaio conferma in una nota la cessazione da oggi di tutte le attività dell’azienda, esterne al perimetro gestionale dell’Ilva, e relative a sette stabilimenti in cui sono impiegati circa 1.400 persone. La decisione viene motivata con il sequestro preventivo penale del Gip di Taranto. Riva Acciaio spiega nel dettaglio che da oggi cesseranno tutte le attività dell’azienda, tra cui quelle produttive degli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco) e di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti). «Tali attività non rientrano nel perimetro gestionale dell’Ilva - afferma l’azienda - e non hanno quindi alcun legame con le vicende giudiziarie che hanno interessato lo stabilimento Ilva di Taranto».
«La decisione - afferma la società -, comunicata al custode dei beni cautelari, Mario Tagarelli, e illustrata alle rappresentanze sindacali dei diversi stabilimenti coinvolti, si è resa purtroppo necessaria poiché il provvedimento di sequestro preventivo penale del Gip di Taranto, datato 22 maggio e 17 luglio 2013 e comunicato il 9 settembre, in base al quale vengono sottratti a Riva Acciaio i cespiti aziendali, tra cui gli stabilimenti produttivi, e vengono sequestrati i saldi attivi di conto corrente e si attua di conseguenza il blocco delle attività bancarie, impedendo il normale ciclo di pagamenti aziendali, fa sì che non esistano più le condizioni operative ed economiche per la prosecuzione della normale attività».
«Riva Acciaio impugnerà naturalmente nelle sedi competenti il provvedimento di sequestro, già attuato nei confronti della controllante Riva Forni Elettrici e inopinatamente esteso al patrimonio dell’azienda - conclude l’azienda -, in lesione della sua autonomia giuridica, ma nel frattempo deve procedere alla sospensione delle attività e alla messa in sicurezza degli impianti cui seguirà, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, la sospensione delle prestazioni lavorative del personale (circa 1.400 unità), a esclusione degli addetti alla messa in sicurezza, conservazione e guardiani degli stabilimenti e dei beni aziendali».
Durissima la replica dei sindacati dopo l’annuncio dell’azienda: «Siamo di fronte a un ennesimo epilogo inaccettabile - tuona la Fim-Cisl - Diffidiamo l’azienda ad avviare la messa libertà dei lavoratori e la invitiamo a ricorrere immediatamente all’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Invitiamo altresì la procura in tempi rapidi, a scorporare dal provvedimento di confisca tutto ciò che impedisce la normale prosecuzione dell’attività produttiva e lavorativa. Non accetteremo questa ennesima beffa ai danni dei lavoratori che non hanno nessuna responsabilità». “””””””””
COMMENTO ALM-AGL:
Come era prevedibile , questa vicenda
dell'ILVA si sta trasformando in una farsa per il popolo italiano e
in una tragedia per i lavoratori dell'ILVA e dell'indotto.
Non è accettabile che Stato e Governo
lascino soli Magistratura e Guardia di Finanza e non si schierino con
decisione in questa guerra tra la famiglia Riva (ma non erano stati
messi tutti in galera?) e quella parte delle istituzioni che sta
facendo il proprio dovere.
Che sta facendo il super commissario? E
i suoi collaboratori? Come mai tutta questa “timidezza” da parte
loro nel mettere mano alla situazione? Perchè ancora i dirigenti
dell'ILVA hanno così tanta mano libera?Perchè Letta, Alfano,
Zanonato, Giovannini, Vendola sono così evanescenti? A suo tempo
denunciammo i finanziamenti dei Riva ai vertici dei massimi
schieramenti politici. Ne chiedemmo la restituzione, mai avvenuta.
Dobbiamo pensare male? Erano solo la punta di un iceberg? Forse i
Riva sono così tutelati dalla politica perchè si teme che rivelino
cose sconvenienti?
Se lo strumento commissariale si sta
rivelando inconsistente, si abbia il coraggio si andare oltre.
SUBITO! Si espropri l'ILVA, venga incamerata dallo Stato, metta a
capo di essa dei veri imprenditori e non dei pirati, si chieda la
collaborazione internazionale (il recente G20 non aveva decretato la
fine dei paradisi fiscali?) per recuperare anche all'estero i beni
dei Riva e metterli al servizio della collettività. E, per favore,
i sindacati “rappresentativi”, che si sono rivelati marionette,
in questa vicenda, la finiscano di interporsi tra l'ira dei
lavoratori e la famiglia Riva. Perchè tante attenzione a quei
“Signori” da parte loro? Anche in questo caso dobbiamo pensare
male?
In altri momenti abbiamo espresso il
nostro parere sul futuro dell'industria siderurgica italiana e su
quelle che avrebbero già dovuto essere vere scelte strategiche,
altro che il campare alla giornata in questo tragicomico ping pong.
Ma qui , in questo specifico caso, è
diverso. Va assicurata la sopravvivenza di questi lavoratori, va
risanato l'ambiente, va recuperata la potenzialità produttiva, va
respinto il ricatto criminale. E poi ne sta andando di mezzo la
dignità nazionale, messa in discussione da un manipolo di
imbroglioni. Spesso si parla a vanvera di ruolo regolatore dello
Stato nell'economia. Se questo Governo e questa Maggioranza ritengono
di essere così utili al Paese ce lo dimostrino in questa occasione,
espropriando l'ILVA e i Riva, affidando questa azienda ad altri
imprenditori che abbiano a cuore l'interesse nazionale (per carità,
lasciamo perdere le nazionalizzazioni, non per pregiudizio ma per
evitare che rientrino dalla finestra personaggi impresentabili legati
a doppia fila con certa politica).IMMEDIATAMENTE!
ALM Alleanza Lavoratori
Metalmeccanici aderente all'AGL
domenica 10 febbraio 2013
BENETTON E ELECTROLUX: NEL NORD-EST, I NODI VENGONO AL PETTINE
Le centinaia di esuberi dichiarati da aziende come Benetton ed Electrolux sono la conferma che è in atto nel Nord-Est una svolta decisiva, la transizione a un modello che non potrà più essere quello esaltato negli anni '80 e '90. I nodi sono quelli che da tempo si conoscono: eccessiva tassazione in Italia, tra l'altro non modulabile verso il basso a livello regionale, burocrazia soffocante, infrastrutture insufficienti, impossibilità di imporre dazi sulle merci importate per fronteggiare la concorrenza di paesi con un costo del lavoro enormemente inferiore al nostro. Chi ancora ha voglia di fare l'imprenditore e pensa in grande guarda all'Estremo Oriente (dove tuttavia, avvertiamo, cominciano ad arrivare segnali che ci dicono che prima o poi la pacchia finirà: quindi occhio a comportarsi bene perchè come la vicenda Marò insegna, è molto difficile tirar fuori dai guai chi laggiù ci finisce). Chi si muove con un po' più di prudenza (aspettiamoci che la Fornero prima o poi spari dichiarazioni del tipo “gli imprenditori italiani sono tutti mammoni”) guarda alla vicinissima Carinzia dove (ne abbiamo già parlato di recente ) la tassazione addirittura scende ad un appetitoso 25% ma dove soprattutto le autorità locali stanno creando un ambiente idoneo a ospitare e a poter far riprodurre la specie in estinzione dell'imprenditore italico. La situazione è leggermente caotica perchè , anche in prospettiva post elettorale, è difficile che si affermi un governo che possa lasciare un po' di libertà alle regioni di modulare la pressione fiscale, la classe dirigente locale a parole dice di volere questo ma non ha dimostrato di saper portare la classe imprenditoriale di cui avrebbe voluto essere punto di riferimento a condividere e fare propria una cultura che spingesse a una visione più patriottica (anche se regionalistica) tale da scegliere di combattere qui in Italia anziché lasciare affondare la barca. Difetto, questo dell'irresponsabilità e della spregiudicatezza autolesionistica, storico dell'imprenditoria italiana. Della classe politica, locale e nazionale (tra l'una e l'altra cambia solo la cadenza dialettale ma non il modo sostanziale di vedere le cose) non parliamo ulteriormente, per amor di patria perchè ormai è come sparare sulla croce rossa. I maggiori sindacati (che da politici e imprenditori sono additati come primi e diabolici responsabili del disastro) sappiamo tutti come ormai siano incapaci di altro che di dichiarare scioperi inutili. Ma non per malvagità ma semplicemente perchè ancora non ci hanno capito nulla e sono solo buoni, come il padrone che difende la sua “roba” , a mantenere , illudendolo con ogni artifizio, il proprio gregge di iscritti. In questa confusione , durante lo tsunami che sta spazzando via il tessuto produttivo del nostro Paese, anche nella versione evoluta che si era affermata nel nord est, sappiamo solo che ne usciremo facendo la stessa cosa di coloro che tempo fa deridevamo guardandoli dal nostro piedistallo di terracotta: copiando (perchè quando non sa essere originale così deve fare il mediocre) le cose buone (perchè ce ne sono) che si stanno facendo altrove.
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