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domenica 10 febbraio 2013

BENETTON E ELECTROLUX: NEL NORD-EST, I NODI VENGONO AL PETTINE

Le centinaia di esuberi dichiarati da aziende come Benetton ed Electrolux sono la conferma che è in atto nel Nord-Est una svolta decisiva, la transizione a un modello che non potrà più essere quello esaltato negli anni '80 e '90. I nodi sono quelli che da tempo si conoscono: eccessiva tassazione in Italia, tra l'altro non modulabile verso il basso a livello regionale, burocrazia soffocante, infrastrutture insufficienti, impossibilità di imporre dazi sulle merci importate per fronteggiare la concorrenza di paesi con un costo del lavoro enormemente inferiore al nostro. Chi ancora ha voglia di fare l'imprenditore e pensa in grande guarda all'Estremo Oriente (dove tuttavia, avvertiamo, cominciano ad arrivare segnali che ci dicono che prima o poi la pacchia finirà: quindi occhio a comportarsi bene perchè come la vicenda Marò insegna, è molto difficile tirar fuori dai guai chi laggiù ci finisce). Chi si muove con un po' più di prudenza (aspettiamoci che la Fornero prima o poi spari dichiarazioni del tipo “gli imprenditori italiani sono tutti mammoni”) guarda alla vicinissima Carinzia dove (ne abbiamo già parlato di recente ) la tassazione addirittura scende ad un appetitoso 25% ma dove soprattutto le autorità locali stanno creando un ambiente idoneo a ospitare e a poter far riprodurre la specie in estinzione dell'imprenditore italico. La situazione è leggermente caotica perchè , anche in prospettiva post elettorale, è difficile che si affermi un governo che possa lasciare un po' di libertà alle regioni di modulare la pressione fiscale, la classe dirigente locale a parole dice di volere questo ma non ha dimostrato di saper portare la classe imprenditoriale di cui avrebbe voluto essere punto di riferimento a condividere e fare propria una cultura che spingesse a una visione più patriottica (anche se regionalistica) tale da scegliere di combattere qui in Italia anziché lasciare affondare la barca. Difetto, questo dell'irresponsabilità e della spregiudicatezza autolesionistica, storico dell'imprenditoria italiana. Della classe politica, locale e nazionale (tra l'una e l'altra cambia solo la cadenza dialettale ma non il modo sostanziale di vedere le cose) non parliamo ulteriormente, per amor di patria perchè ormai è come sparare sulla croce rossa. I maggiori sindacati (che da politici e imprenditori sono additati come primi e diabolici responsabili del disastro) sappiamo tutti come ormai siano incapaci di altro che di dichiarare scioperi inutili. Ma non per malvagità ma semplicemente perchè ancora non ci hanno capito nulla e sono solo buoni, come il padrone che difende la sua “roba” , a mantenere , illudendolo con ogni artifizio, il proprio gregge di iscritti. In questa confusione , durante lo tsunami che sta spazzando via il tessuto produttivo del nostro Paese, anche nella versione evoluta che si era affermata nel nord est, sappiamo solo che ne usciremo facendo la stessa cosa di coloro che tempo fa deridevamo guardandoli dal nostro piedistallo di terracotta: copiando (perchè quando non sa essere originale così deve fare il mediocre) le cose buone (perchè ce ne sono) che si stanno facendo altrove.